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PoS e PoW: analogie e differenze | Theledger

PoS e PoW: analogie e differenze

PoS e PoW sono meccanismi che validano e confermano le transazioni all’interno di una blockchain. Qui vedremo le loro caratteristiche.

Pos PoW
Tempo di lettura: 8 minuti
  • I meccanismi di Proof of Stake e Proof of Work, sono sistemi essenziali per l’esistenza e la sicurezza di una blockchain
  • Il primo rappresenta la versione più recente del secondo, utilizzato per la prima volta da Satoshi Nakamoto con Bitcoin
  • Essendo più efficiente e sicuro, il Proof of Stake sta prendendo il sopravvento e viene utilizzato per la maggior parte dei nuovi protocolli

Abbiamo già parlato di POS blockchain. In quel caso, però, intendevamo un Point of Sale, ovvero un punto che consente di pagare oggetti, prodotti e servizi in criptovalute, proprio come accade con le carte di credito.

Oggi, invece, parleremo delle differenze tra i sistemi PoS e PoW. Per PoS, intendiamo il sistema di Proof of Stake, mentre con PoW ci riferiamo alla Proof of Work.

Proof of Stake e Proof of Work: cosa sono?

Una delle principali analogie tra i due sistemi è quello di essere algoritmi di consenso. Un algoritmo di consenso sarebbe, appunto, un meccanismo interno alla blockchain che permette di verificare e “far passare” le transazioni.

Più il meccanismo è efficiente, più le transazioni saranno veloci, sicure e tracciabili. Inoltre, entrambi gli algoritmi di consenso prevedono dei costi, e hanno una capacità massima di transazioni eseguibili.

Difatti, ogni asset, token o moneta digitale ha una rete interna di computer che aiuta ad aumentare il livello di sicurezza generale, proteggendo gli utenti stessi da eventuali attacchi hacker. Ed è proprio questo il funzionamento dei meccanismi di consenso.

Questi, come tutti gli strumenti della blockchain, sono totalmente decentralizzati, e sono in grado di eseguire tutto in maniera autonoma senza l’aiuto di una persona fisica.

In base alla natura del meccanismo di consenso, che sia Proof of Work o Proof of Stake, gli investitori sono in grado di valutare se investire o meno in un asset.

Partiamo dal Proof of Work, meccanismo utilizzato da Bitcoin, re indiscusso del mondo delle criptovalute per quanto riguarda il controvalore in denaro, nonché la sua durata negli anni.

Proof of Work

Il Proof of Work esiste ormai dagli anni ‘90, ed è stato utilizzato per la prima volta da Satoshi Nakamoto con i Bitcoin. Dal suo nome, infatti, deriva il termine Satoshi, che indica una frazione di BTC. Ad esempio, 0,001 BTC equivalgono a 100.000 Satoshi.

Come sicuramente sapete, le blockchain sono organizzate a blocchi. Nel caso del PoW, il primo blocco è già integrato all’interno del software, tant’è che prende il nome di blocco zero. Difatti, non si riferisce a nessun blocco precedente, mentre quelli seguenti fanno sempre riferimento a quelli già verificati.

Gli algoritmi di tale sistema consentono anche di capire chi è in grado di modificare il ledger. Ciò avviene tramite una sorta di competizione che vede i miner partecipare tramite le loro potenze di calcolo, tramite l’apposito processo di mining.

Pos PoW

Chi esegue il software di Bitcoin, appunto, ha la facoltà di convalidare le transazioni. Più sarà la potenza di calcolo (o hash power) più sarà facile eseguire l’operazione.

Il miner “vincente” sarà premiato tramite i cosiddetti reward, ovvero delle ricompense sotto forma di criptovaluta, in questo caso Bitcoin, che vengono inviate direttamente al minatore. Ciò vale per ogni blocco che viene validato e accettato dalla rete stessa.

Con BTC, però, l’ammontare delle ricompense diminuisce dopo che si supera un certo numero di blocchi, sia per produrre scarsità che per aumentarne la rarità nel tempo. Tale sistema consente anche non avere un numero infinito di BTC in circolazione, tant’è che prende il nome di deflazionario.

Proof of Stake

L’obiettivo del Proof of Stake, è esattamente lo stesso del Proof of Work, ovvero quello di validare e confermare le transazioni all’interno del network di una blockchain. Introdotto ormai dal 2012, il PoS vuole ridurre il consumo di energia, ottimizzare i tempi di convalida delle transazioni e abbassare i costi.

Difatti, piuttosto che far fede alla potenza di un computer e al suo hasing power, l’idea di base è quella di consentire la partecipazione in base alla proprietà del token supply.

Logicamente, tutto varia di protocollo in protocollo. Tuttavia, l’algoritmo di un PoS elegge quasi in maniera casuale il possessore di un nodo, che verrà selezionato solamente se possiede il token del protocollo stesso. Una volta scelto il nodo, verrà determinato il blocco seguente della blockchain.

In più, il ruolo di chi possiede il nodo sarà quello di verificare le transazioni di un blocco, apponendo la propria firma e convalidandole subito dopo.

Allo stesso modo del PoW, i blocchi sono allineati in base al momento della transazione e al numero di transazioni ottenute. Ancora, il primo blocco è già integrato nel software e viene chiamato blocco genesi.

Le differenze col PoW

La differenza sta nel fatto che i blocchi non vengono estratti con le potenze di calcolo, quindi non avviene nessuna competizione, in quanto sono già creati dall’inizio.

Un’altra differenza sostanziale sta nel consumo di energia. In entrambi i casi, ovviamente, ci sarà un certo dispendio di energia, dato che servono computer attivi, connessioni internet e una certa potenza di calcolo. Tuttavia, con il Proof of Work si fa “a gara” a chi consuma di più. Il Proof of Stake, invece, sceglie casualmente a prescindere dal consumo di energia.

Ciò, appunto, lo rende molto più green e accessibile sia dal punto di vista della complessità tecnica sia dal punto di vista economico. Ecco perché protocolli come Ethereum hanno deciso di eseguire lo switch dal meccanismo di consenso di Proof of Work al Proof of Stake.

Per partecipare, d’altronde, basta mettere in staking o bloccare un certo numero di token della supply all’interno del protocollo firmando uno smart-contract. Più monete si bloccheranno, più le possibilità di essere scelti per il prossimo blocco saranno elevate.

Anche in questo caso, come sicuramente ci si poteva aspettare, c’è un meccanismo di reward che premia i validatori a seconda della proprietà che si ha sulla moneta.

Qual è il meccanismo migliore?

Secondo molti utenti, soprattutto gli amanti di Ethereum e della decentralizzazione totale, il meccanismo di consenso PoS è nettamente migliore sia in termini di economia che di sicurezza.

Difatti, le richieste massicce di hardware ed elettricità necessarie per il PoS non sono accessibili a tutti. Ciò va a discapito della rete: meno risorse si hanno, meno sarà sicura; più se ne hanno, più si può stare tranquilli, spendendo però molto di più.

In questo modo, il PoS consente anche di ridurre le commissioni, in quanto non ci sono costi per i calcoli dei computer.

In quanto a sicurezza, proviamo a fare un esempio di un attacco informatico. Un protocollo PoW da 50 miliardi di dollari, se deve essere attaccato per il 51% delle risorse, costerebbe all’hacker circa mezzo miliardo di dollari.

Come abbiamo fatto il calcolo? Se il protocollo vale 50 miliardi, i reward pagati ai minatori ammonterebbero a circa 1 miliardo, basandoci sulle cifre di BTC. Quindi, il 51% sarebbe poco più di mezzo miliardo.

Con un PoS dello stesso valore, che si basa sul valore del token stesso e non sull’energia, il costo sarebbe molto maggiore. Difatti, se volessimo acquistare la metà della supply di un token il cui market cap è di 50 miliardi, va da sé che la spesa sarebbe nettamente maggiore rispetto a quella precedente.

Questo esempio, fa capire quanto un PoS sia molto più sicuro di un PoW dal punto di vista di attacchi informatici.

Partecipare al PoS è molto più semplice

Chi vuole investire in un processo di mining per un PoW sa benissimo che i costi iniziali possono essere un po’ proibitivi. Questo perché sono necessarie schede grafiche davvero potenti, e il ritorno economico nel breve termine non è così alto.

Pos PoW

Una utente medio, quindi, potrebbe pensarci più volte prima di partecipare. In più, l’aumento della difficoltà dei processi di calcolo va solamente a discapito del miner, nel lungo periodo.

Col PoS, invece, basta depositare un ammontare di token in una pool di staking. Il minimo attuale è di circa 0,01 ETH, che valgono attualmente circa 20 euro. In più, il ritorno economico viene distribuito equamente tra tutti, senza distinzione. Ciò consente anche di supportare un numero molto maggiore di partecipanti.

Conclusioni

Abbiamo appurato come il PoS e il PoW siano dei meccanismi molto complessi che, però, consentono l’esistenza della blockchain e di tutto quello che possiamo fare tramite le criptovalute.

Entrambi hanno i loro pro e contro, ma essendo il Proof of Stake molto più recente e aggiornato, quest’ultimo si rivela essere migliore su numerosi aspetti.

Non a caso, sono sempre di più i protocolli che nascono con meccanismi di consenso del genere, tranne Bitcoin, che rimane fedele al PoW con il quale è stato creato.

Ad ogni modo, conoscere i lati tecnici di un asset digitale e tenersi aggiornati sui nuovi sistemi non può far altro che aiutare nel fare un eventuale investimento.

 

Approfondimenti

Bibliografia

 

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Laureato in lingue per la comunicazione interculturale e d'impresa, mi sono avvicinato da circa 6 mesi al mondo delle criptovalute, e me ne sono praticamente innamorato. Nella vita faccio il content writer come freelance, ma mi piace tenermi aggiornato sulle notizie relative al mercato della blockchain e faccio qualche micro-investimento. In più, sfrutto la potenzialità di alcune piattaforme di mining, faucet e wallet virtuali.
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